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Attivazione delle Misure Regionali per l’abbattimento degli inquinanti PFAS
Relazione della Task Force Pandora

Summary

 

Interventi

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Nel corso dell’estate del 2013, a seguito di alcune ricerche sperimentali su potenziali inquinanti “emergenti” effettuate su incarico del Ministero dell’Ambiente, è stata segnalata la presenza in alcuni ambiti del territorio regionale di sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili.

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Dai dati a disposizione nell’agosto 2013 l’area interessata dall’impatto comprendeva il territorio della bassa Valle dell’Agno (VI), alcuni ambiti delle province di Padova e Verona e una parte considerevole della rete idrografica (Poscola; Agno-Guà-Frassine; Togna-Fratta-Gorzone; Retrone; Bacchiglione; ecc).

 

Attraverso l’attivazione immediata di una Commissione Tecnica Regionale coordinata dall’ Area Sanità e Sociale costituita con la Sezione Regionale Tutela Ambiente e ARPAV, sono attivate una serie di azioni finalizzate alla tutela prioritaria della salute pubblica:

 

1)interventi immediati in emergenza degli Enti Gestori dei servizi idrici integrati sull’acqua potabile per mettere in sicurezza la popolazione residente nell’area mediante l’istallazione di specifici filtri a carboni attivi che hanno da subito provveduto all’abbattimento delle concentrazioni dei PFAS e garantito la qualità dell’acqua;

 

2)identificazione della fonte di pressione, avvio di uno scambio di collaborazioni e di richieste al Ministero della Salute ed all’ISS, per un supporto scientifico e per l’individuazione di valori accettabili di concentrazione delle sostanze in oggetto, attivazione di un sistema specifico di sorveglianza analitica, formazione degli operatori sanitari e non, regolamentazione dell’utilizzo dei pozzi privati ad uso potabile;

 

3)contestuale attività di monitoraggio e controllo sulle acque.

 

Con DGR n. 1517 del 29 ottobre 2015 la Regione ha acquisito i livelli di riferimento per i parametri "Altri PFAS" nelle acque destinate al consumo umano in condizioni di emergenza idrica, nonché un primo documento di individuazione delle aree di esposizione [pdf 5,3MB] per gli ambiti territoriali interessati dalla presenza di PFAS.

 

Al fine di valutare l’esposizione pregressa della popolazione residente, è stato impostato uno studio di monitoraggio biologico sulla popolazione dell’area maggiormente esposta a PFAS.

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Con DGR n. 565 del 21 aprile 2015 la Regione del Veneto ha approvato il disegno dello studio di monitoraggio biologico sulla popolazione.

Di tale studio, in data 18/04/2016, l’Istituto Superiore di Sanità ha comunicato alla Regione del Veneto gli esiti prodotti, conseguenti alle analisi seriologiche sulla popolazione. E' emersa. di conseguenza, la necessità di predisporre un piano di attività per la presa in carico degli esposti alla contaminazione da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) mediante la collaborazione ed in coordinamento con tutti i soggetti istituzionali competenti coinvolti (Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità, OMS, Centri di ricerca). Con DGR n. 2133 del 23 dicembre 2016 è stato approvato il “Piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta alle sostanze perfluoroalchiliche”.

Contestualmente, a seguito degli esiti dello studio campione di biomonitoraggio sopracitato, si è provveduto alla ridefinizione dell'area di esposizione.

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Fonte [Regione Veneto]

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Cause

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L’ inquinamento in questione  è stato generato principalmente dagli scarichi di una ditta produttrice  (la Miteni di Trissino (VI)) che hanno interessato una vasta porzione del materasso alluvionale di ricarica di acquiferi utilizzati tuttora per l’approvvigionamento idropotabile di oltre 250.000 abitanti. Tali scarichi sono approssimativamente stati messi in atto per almeno un quarantennio.

Cronistoria​

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ATTIVAZIONE MISURE REGIONALI PER L’ABBATTIMENTO DEGLI INQUINANTI PFAS

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  • Comunicazione del MATTM del 29/05/13 a Provincia di Vicenza ed Arpav;

  • Comunicazione ISS sulla tossicità PFAS del 07/06/13

     (NO EMERGENZA SANITARIA);

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  • In data 11/06/2013 immediata attivazione della Direzione regionale Tutela Ambiente con allerta e richiesta accertamenti indirizzata a tutti i Gestori e Consigli di Bacino/AATO

  • 21/06/2013: attivazione di ARPAV che contatta il CNR per la metodica di analisi e avvia prelievi

  • 27/06/2013: Comunicazione di ARPAV di essere in possesso del METODO ANALITICO per la determinazione dei parametri PFAS richiesti.

  • 28/06/2013: Segnalazione dalla Direzione Ambiente al Settore P.S. Igiene sanità pubblica dell’avvenuto coordinamento dei gestori del S.I.I. su metodica analitica e campo d’indagine

  • 04/07/2013 e 09/07/2013: Comunicazioni della Direzione Tutela Ambiente a tutti i Gestori interessati per l’attivazione degli apprestamenti tecnologici atti a ridurre le concentrazioni dei PFAS nelle acque potabili e per la successiva rendicontazione circa gli esiti raggiunti.

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  • 03/07/2013 e 09/07/2013: Incontri informativi con i Direttori dei Dipartimenti di Prevenzione delle Aziende ULSS n. 5-6-17-20-21 interessate dalla problematica, in preparazione della convocazione presso i Ministeri della Salute e dell’Ambiente.

  • 10/07/2013: Comunicazioni dei gestori su chiusure pozzi ed altre misure di salvaguardia

  • 16/07/2013: Comunicazione della Direzione Tutela Ambiente al MATTM circa lo stato di avanzamento delle misure: valutazione ampiezza impatti, individuazione fonte di pressione, installazione sistemi di trattamento acque, attivazioni di by pass reti ove necessario.

  • 18/07/2013 – 07/08/2013 – 09/09/2013 – 28/11/2013 – 19/02/2014 – 08/04/2014: Incontri Regione – Gestori sullo stato di attuazione delle azioni e delle indagini.

  • 09/08/13 ARICA modifica autorizzazione scarico depuratori

  • 12/08/13 AVS modifica autorizzazione scarico Miteni in fognatura

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  • 16/01/14 ISS fissa i livelli di performance per l’acqua potabile

  • 11/03/2014: assegnazione del contributo regionale di € 2.000.000,00 all’intervento di “Potenziamento delle infrastrutture funzionali alla potabilizzazione nella centrale acquedottistica di Lonigo”.

  • 04/04/2014: emesso il Decreto regionale n. 55 di conferma del contributo di € 1.000.000,00 per il finanziamento del 1° stralcio dell’intervento di cui sopra.

  • 08/07/14 richiesta al MATTM definizione CSC e parametri analisi rischio

  • 30/07/14 emissione decreto AIA Miteni con limiti in Poscola uguali all’acqua potabile

  • 30/12/14 ISS propone limiti per acque superficiali e sotterranee

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  • 31/03/15 richiesta chiarimenti a ISS sui limiti : ISS risponde il 18/05/15

  • 17/07/2015: emesso il Decreto regionale n. 37 di conferma del contributo di € 1.000.000,00 per il finanziamento del 2° stralcio dell’intervento presso la centrale di Lonigo.

  • 10/08/15 richiesta a MATTM e ISS definizione limiti allo scarico

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  • 06/04/16 nota ISS n. 9418 con indicazione di rispetto allo scarico dei limiti corrispondenti ai livelli di performance per le acque potabili

  • 12/04/16 inoltro indicazioni di ISS ai gestori e richiesta chiarimenti all’Istituto sull’applicabilità dei limiti imposti

  • 11/05/16 convocazione Comitato di Sorveglianza in merito all’Accordo per la tutela del Fratta Gorzone in riferimento alla necessità di aggiornamento dell’Accordo con inserimento della problematica sull’utilizzo di PFAS nel comparto conciario

  • 29/06/16 Emissione Decreto dei Direttore della Sezione Tutela Ambiente n. 37 con cronoprogramma per imposizione limiti PFAS fissati da ISS allo scarico del collettore ARICA a Cologna Veneta

  • 20/07/16 Ricontro MATTM al DDR n. 37/2016 con indicazione di applicare da subito i limiti allo scarico del collettore ARICA.

Alla Task Force Pandora è stato proposto di analizzare la questione come Comunità scientifica indipendente e di dare un giudizio/indirizzo su questa spinosa questione. Il lavoro e' stato svolto con competenza, ma a titolo gratuito conforme alle linee guida e regolamento . 

Anche in questo caso siamo di fronte a continui attacchi di associazioni presunte ambientaliste che non si affidano a gente competente, ma a qualsivoglia improvvisato esperto che usa l’allarmismo quale utilissimo strumento di paura e di visibilità.

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A differenza della Regione Campania, l'iter seguito dalla Regione Veneto sembra sia stato, sia sotto il profilo tecnico che amministrativo, corretto, rapido, incisivo ed efficace. Lo scopo è continuare a gestire e ridurre l’impatto di questa questione nei modi tecnico-amministrativi corretti.

 

Allarme

La notizia del fenomeno è giunta nel maggio 2013 con una nota del Ministero dell’Ambiente che avvisava dei risultati di una ricerca del CNR-IRSA che aveva riscontrato sostanze PFAS nell’acqua potabile di una zona fra le Province di Vicenza, Verona e Padova.

Azione

Da subito è stata chiesta ai gestori degli acquedotti di mettere in opera filtri a carboni attivi, costosi ma efficaci. Ciò ha consentito di mettere in sicurezza l’acqua potabile erogata dal servizio pubblico e solo successivamente il Ministero della Salute ha dato indicazione sui livelli di performance da rispettare, sulla base di un parere dell’Istituto Superiore di Sanità.

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​E’ stato messo in piedi un colossale intervento di monitoraggio e screening sanitario, coordinato con ISS e OMS, che ha riguardato nella prima fase oltre 130.000 persone.

 

​Possiamo anche noi condividere che la Regione Veneto ha agito per tempo, appena avvisati. Una precisazione sul decreto 30/07/14. Allora si era senza alcun limite di riferimento ambientale per i PFAS., sia per matrice idrica che suolo ed aria. Erano stati emanati soli gli obiettivi di performance per acque potabili da parte di ISS.

 

C’è da dire che si sono anche costituiti parte civile contro la società inquinatrice.

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Discussione

 

In generale, nella normativa di carattere nazionale (parte II del d.lgs. 152/2006 e SMI Testo Unico Ambientale o TUA che tratta di AIA - autorizzazioni integrate ambientali, e titolo V° della parte IV del TUA che parla di bonifica di siti contaminati )  è già previsto che le Regioni possano fissare limiti diversi e/o più restrittivi agli impianti (e CSC sitospecifiche diverse da quelle nazionali nel caso delle bonifiche) sulla base di: conoscenza del territorio, studi specifici a valenza regionale, livelli di tutela dell'ecosistema ecc. Quindi la risposta del MATTM che toccasse alla Regione decidere dei limiti specifici per i propri impianti in AIA è concessa. Ovviamente fissare dei nuovi limiti è un procedimento scientificamente lungo e complesso, multifattoriale e multidisciplinare, ma le Regioni sono tenute a farlo. Ovviamente devono farlo se ritengono che possa essere utile, altrimenti possono attenersi ai limiti nazionali, se ci sono. (vedi Regione Campania).

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Il comma 2 dell'articolo 101 parte III del Decreto Legge 152/2006 dice che:

"2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, DIVERSI da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di quelli fissati nell'Allegato 5 ".

 

Nel caso in questione, nel 2013 i PFAS non erano normati e contenuti nell'allegato 5, per cui come poteva la Regione mettere limiti diversi da limiti non esistenti? Il presupposto per mettere dei limiti più restrittivi ad altri limiti è che questi ultimi esistano.

 

Allora ci si era trovati, pur conoscendo il fenomeno, senza un pronunciamento dello stato (seppur più volte richiesto). Pertanto si decise, accettando il rischio di eventuali ricorsi con richiesta danni da parte della ditta, di fissare i limiti allo scarico in acque superficiali uguali agli obiettivi di performance delle acque potabili, applicando di fatto un sillogismo ambientale: poiché il corpo recettore risulta di fatto disperdente nella falda sottostante e la stessa è di fatto usata a valle anche a scopo idropotabile, allora è giusto applicare i limiti delle acque potabili.

 

In assenza di espliciti limiti fissati da normativa nazionale possiamo affermare che per gli inquinanti già normati, gli attuali limiti per lo scarico in acque superficiali (fiumi) sono normalmente già più bassi dei corrispondenti livelli di performance per le acque potabili (da destinare al consumo umano), quindi il fatto che si sia chiesto agli impianti performance agli scarichi uguali a quelli delle acque potabili, di per sé non deve dare adito a ricorsi.

 

E’ previsto tra l’altro dalle norme Nazionali e anche dalle BAT (documentazione europea sulle migliori tecniche disponibili da adottare negli impianti IPPC) che l'Autorità competente al rilascio delle AIA (generalmente la Regione competente per territorio) possa e debba applicare limiti più restrittivi se ritiene che ne ricorrano i presupposti.

 

La normativa che governa l'intero sistema IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) per gli impianti soggetti all'IPPC indica chiaramente che il rispetto dei limiti nazionali per le emissioni (in acqua, in aria o sul suolo) è soltanto un punto di partenza, non di arrivo e che lo scopo dell'AIA è quello di diminuire progressivamente queste emissioni, applicando, appunto, le Migliori Tecniche disponibili. 

 

  • In procedura AIA si possono anche fissare limiti più restrittivi, ovviamente a seguito di un rigoroso percorso tecnico scientifico e avuto riguardo alle specifiche del singolo scarico ed alle caratteristiche qualitative del singolo corpo recettore. Il fatto è che la questione AIA riguarda un produttore e pochissimi altri utilizzatori che sono in procedura AIA per condizioni di installazione ed esercizio (smaltimento rifiuti o produzione di altre materie) che generalmente non sono né correlate, né discendenti dai PFAS.

 

Ad ogni modo, non è sufficiente ragionare esclusivamente con l'art. 101 quando si parla di installazioni IPPC. Per le installazioni IPPC il quadro normativo di riferimento è rappresentato dal titolo III bis della parte II del d.lgs. 152/2006 e smi - artt 29-bis e seguenti (con i relativi allegati e con tutto il corollario di BAT di riferimento). Ovviamente sarebbe un po' lungo fare un riferimento specifico ad articoli e commi, posto che l'intera ratio della normativa in materia di IPPC è quella di contribuire ad un controllo, gestione e riduzione dell'inquinamento ambientale, mediante il ricorso alle migliori tecniche disponibili che consentano un approccio integrato, efficace e condiviso alla materia.  Di particolare interesse è l'art. 29-sexies nel quale sono declinate tutte le condizioni per il rilascio e la periodica revisione delle AIA, ed in particolare i commi 5, 5-bis e 5 - ter

 

  • Al di fuori delle procedure AIA il riferimento all'art. 101 non è una scelta, bensì un preciso obbligo. L’art. 101 recita che tutti gli scarichi devono “rispettare i valori limite previsti nell’allegato 5 alla parte terza del presente decreto”. Le eventuali modifiche all’allegato  possono essere stabilite solo dallo Stato (Art. 3-bis D.Lgs 152/2006) (A riguardo, può essere utile andare a leggersi una sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 20/05/2014, n. 2526).

 

Quindi il fatto che si faccia riferimento all’AIA non può indurre a generalizzare alle procedure non AIA, come deve essere ovvio.

Dobbiamo considerare ad esempio i flussi di PFAS estratti insieme all’acqua di falda che diventa acqua per produzione o per semplice raffreddamento, oppure di scarichi contenenti PFAS usati in produzione (conciari, farmaceutici, tessili, elettronici, cartari, ecc.) sia consapevolmente che, purtroppo, inconsapevolmente.

Ricordiamo che al di sotto dell'1% non c'è obbligo di indicazione in etichetta (su un kg di prodotto coformulato, quanti ng di PFAS ci stanno nell'1%?).

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Raccolta aggiornata della documentazione comunitaria sulle BAT nei vari settori industriali

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In conclusione.

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Dal MATTM è stato chiesto alla Regione Veneto di normare anche gli scarichi fuori ambito AIA. In buona sostanza è quello che è stato fatto, fissare limiti in AIA, mentre per il resto, i limiti possono essere fissati dopo aver avuto dallo stato gli SQA.

Riguardo gli inquinanti già normati con limiti allo scarico più bassi che per l’acqua potabile, basti pensare alla tabella del decreto Ronchi-Costa, che considererebbe fuori legge uno scarico in laguna di acqua potabile.

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Il punto è che i PFAS in genere non sono già normati: infatti, solo per cinque di essi ci sono gli SQA, solo per uno i CSC. Questo quindi va a coincidere con il fatto che la Regione può fissare limiti più restrittivi di quelli già normati, ma non può farlo per i non normati.

 

Ultimo punto: la direttiva europea parla molto chiaramente della necessità di adottare le migliori tecniche disponibili, a costi sostenibili. Le migliori tecniche disponibili per i PFAS, vale a dire GAC e RESINE, se applicate agli scarichi tal quali diventano economicamente insostenibili. Le altre tecniche disponibili semplicemente non ci sono per gli scarichi: non ho finora trovato traccia, fra l’altro, di BAT per i PFAS.

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Il giudizio complessivo di questa spinosa questione, al di la' delle disquisizioni tecnico-amministrative e' ottimo per la capacita' e la repentinità di intervento 

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Epidemiologia: Effetti Sanitari

 

Le sostanze PFAS sono caratterizzate da una notevole resistenza nell’ambiente, associata ad una rilevante capacità di diffusione e da una persistenza molto significativa che determinano una diffusa presenza nell’ambiente idrico, nell’ambiente e negli organismi, incluso l‘uomo, dove tendono ad accumularsi nel tempo. Sono composti chimici riconosciuti come interferenti endocrini e correlati a patologie riguardanti pelle, polmoni e reni. 

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Un altro precedente caso italiano di inquinamento da PFAS fu quello della Solvay di Spinetta Marengo (Alessandria), anteriore al 2010, che non aveva a tutta evidenza generato lo stesso tipo di risposta da parte delle Amministrazioni pubbliche.

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Facciamo riferimento ad un lavoro scientifico pubblicato su  European Journal of Public Health (2017) di Marina Mastrantonio e Paolo Crosignani "Drinking water contamination from perfluoroalkyl substances (PFAS): an ecological mortality study in the Veneto Region, Italy"

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"Si tratta di uno studio ecologico, retrospettivo, che ha valutato le cause di morte secondo schede ISTAT dagli anni 1980-2010. Il confronto è stato effettuato fra quei comuni nei cui acquedotti prima dell'applicazione dei filtri furono riscontrati valori di PFAS superiori ai limiti fissati poi nel 2014 dall'ISS, rispetto ad un gruppo di controllo di oltre 600.000 residenti in altri comuni.  Fra i due gruppi non c'erano differenze significative in termini di abitudini al fumo e di indice di deprivazione economica; nelle acque potabili non c'erano sforamenti di altri inquinanti noti, stando ai dati ufficiali dell'ARPAV e delle ULS"

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I punti chiave dello studio

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  • È la prima indagine epidemiologica effettuata in Italia su una popolazione che vive in un'area contaminata da concentrazioni di PFAS in acqua potabile, sulla base dei limiti delle performance indicati dall'Istituto Superiore di Sanita' che possono interessare eventualmente la catena alimentare.

  • Livelli più elevati di mortalità per alcune cause di morte, selezionate sulla base delle precedenti relazioni con l'sposizione ai PFAS, sono stati   rilevati nei comuni contaminati in confronto con quelli non contaminati del Veneto. Caratterizzate condizioni socioeconomiche e abitudini al     fumo simili. 

  • Sono stati rilevati rischi relativi significativamente significativi per mortalità generale, tumore del rene e del seno, diabete, malattie cerebrovascolari, infarto del miocardio, Alzheimer e malattie del Parkinson.

  • I risultati dell'attuale ricerca ecologica sono un segnale di avvertimento che potrebbe essere un'indicazione utile per la pubblica amministrazione per avviare azioni immediate per evitare ulteriori esposizioni delle popolazioni a PFAS nell'acqua potabile nella regione Veneto.

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La relazione della Regione Veneto che documenta i rischi e anche i danni alla salute, rilevati su donne incinte e neonati, causati dall’inquinamento delle acque da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas)  è datato 29 settembre 2016 ed è in possesso della Regione Veneto sin dal 17 ottobre scorso, che lo ha discusso il 21  all’interno nella Commissione tecnica regionale.

Il 17 novembre, il direttore generale della Sanità regionale del Veneto, Domenico Mantoan, ha inviato una relazione agli assessori regionali alla Sanità, all’Ambiente e all’Agricoltura, oltre che al presidente della Provincia di Vicenza e al segretario della programmazione regionale. 

Nel documento si dice che  “emerge come siano stati evidenziati in particolare l’incremento della pre-eclampsia, del diabete gestazionale, dei nati con peso molto basso alla nascita, dei nati piccoli per età gestazionale e di alcune malformazioni maggiori, tra cui anomalie del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche, pur osservando che le malformazioni sono eventi rari che necessitano di un arco temporale di valutazione più esteso per giungere a più sicure affermazioni”.

 

La pre-eclampsia è una malattia che può complicare la gravidanza e può essere così grave da mettere a repentaglio la vita della madre e del nascituro. Si tratta di una patologia caratterizzata da pressione arteriosa elevata, gonfiori e proteine nelle urine.

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Il documento della Regione cita anche l’analisi del Servizio Epidemiologico Regionale del 23 giugno 2016, che ha riscontrato in 21 comuni un “moderato ma significativo eccesso di mortalità” per una serie di patologie “possibilmente associate a Pfas”. Si tratta in particolare di cardiopatie ischemiche (+21% negli uomini, +11% nelle donne), malattie cerebrovascolari (+19% negli uomini), diabete mellito (+25% nelle donne) e Alzheimer/demenza (+14% nelle donne). Viene anche rilevato un “eccesso statisticamente significativo” di casi di ipotiroidismo, mentre “gli studi sin qui condotti non evidenziano una maggiore incidenza di tumori”.

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Una relazione del direttore generale della Sanità della Regione conclude chiedendo “ai soggetti istituzionalmente competenti la tempestiva adozione di tutti i provvedimenti urgenti a tutela della salute della popolazione volti alla rimozione della fonte della contaminazione”, compresa l’ipotesi di spostamento della Miteni di Trissino, la ditta ritenuta responsabile degli sversamenti di Pfas.

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Un bio-monitoraggio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con la Regione Veneto ha stimato che 250.000 le persone abbiano utilizzato per anni acqua potabile inquinata da Pfas e che siano 60.000 quelle interessate da un livello maggiore di contaminazione.

[Fonte Il fatto Alimentare]

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Scheda di Approfondimento

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PFAS

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I PFAS sono composti che, a partire dagli anni cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all'acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa. 
Come conseguenza dell’estensiva produzione e uso dei PFAS e delle loro caratteristiche chimiche questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative nell’ambiente e negli organismi viventi.
Nel 2006 l’Unione Europea ha introdotto restrizioni all’uso del PFOS, una delle molecole più diffuse tra i PFAS, da applicarsi a cura degli Stati membri. Per le acque potabili non sono ancora definiti e non esistono limiti di concentrazione nella normativa nazionale ed europea; la Regione del Veneto ha recepito le indicazioni del Ministero della Salute sui livelli di performance da raggiungere nelle aree interessate da inquinamento da composti fluorurati.

PFAS è l’acronimo di Sostanze Perfluoro Alchiliche e rappresentano una vasta gamma di molecole.
Ogni molecola ha una sua sigla in funzione della sua struttura e in particolare del numero di atomi di carbonio da cui è composta.
Più numerosi sono gli atomi di Carbonio e quindi più lunga è la molecola, tanto più essa è persistente nell’ambiente.

Le molecole a catena lunga (essenzialmente PFOS e PFOA a 8 atomi di carbonio) hanno attirato l’attenzione della comunità scientifica per la loro elevata biopersistenza nell’ambiente.
In loro sostituzione sono sempre più spesso utilizzati i PFAS a catena più corta (con 6 o 4 atomi di Carbonio), proprio per la loro biopersistenza decisamente più ridotta, eliminando i rischi di bioaccumulo.

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Presenza di PFAS in Italia e in Veneto

Nel 2013 una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti “emergenti”, effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani dal CNR e dal Ministero dell’Ambiente, ha segnalato la presenza anche in Italia di sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili. 

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In precedenza, nel 2007, uno studio pubblicato su Analytical and Bioanalytical Chemistry su alcuni tratti del fiume Po e dei suoi affluenti aveva riscontrato nel Tanaro, vicino alla città di Alessandria concentrazioni di PFAS fino a 1300 ng/l.

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L'attività di ARPAV

ARPAV si è attivata subito individuando per il Veneto la principale fonte di pressione e l’area di contaminazione nella provincia di Vicenza ed estendendo il controllo a tutto il territorio regionale, attraverso le reti di monitoraggio delle acque sotterranee e superficiali nonché, in stretto coordinamento con la Regione del Veneto e l’Istituto Superiore di Sanità, ad altre matrici ambientali, quali acque marine e lagunari, fanghi e alimenti. 
L’intervento tempestivo ha permesso alle autorità regionali di mettere in sicurezza l’acqua potabile della zona interessata, tramite l’utilizzo di filtri a carboni attivi, già nel 2013.

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Contaminazione da PFAS - Azioni ARPAV - Regione Veneto - Periodo di riferimento: dal 4 giugno 2013 al 31 gennaio 2017


L’analisi sul sistema degli scarichi fognari del territorio interessato ha messo in evidenza che le concentrazioni più alte provenivano dal depuratore di Trissino; tra le principali fonti da cui avevano origine le quantità di PFAS scaricate in fognatura vi era la MITENI S.p.A..
La messa in sicurezza effettuata a luglio 2013, in base all’articolo 245 del D.Lgs. 152/06, consisteva in tre pozzi barriera per l’emungimento dell’acqua, posizionati nel lato più a sud dello stabilimento della ditta Miteni, a valle idrogeologica dalla sorgente, e in un sistema di depurazione costituito da due gruppi di filtri a carbone attivo.

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La Commissione tecnica regionale

Attraverso l’attivazione immediata di una Commissione Tecnica Regionale coordinata dall’Area Sanità e Sociale costituita con la Sezione Regionale Tutela Ambiente e ARPAV, sono state avviate una serie di azioni finalizzate alla tutela prioritaria delle salute pubblica

[Fonte ARPAV]

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Ultime notizie

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Dalle ultime indagini dei CC. sotto il sito della MITENI pare siano stati sepolti dei rifiuti contenenti PFAS in tempi remoti e pare che i proprietari attuali del sedime e pure i precedenti fossero a conoscenza di questo. In sostanza ogni volta che la falda si alza, i rifiuti sepolti fanno l'effetto di una bustina di the, inquinando la falda.

La prescrizione in questo tipo di reato è di 15 anni e quindi la Regione Veneto si rivale, oltre che sugli attuali proprietari, anche sui precedenti (Mitsubishi corporation).

 

Nel frattempo e' stato creato un coordinamento tra Regione Provincia e Comune sotto il controllo dei carabinieri e tale coordinamento ha già diffidato la MITENI imponendogli caratterizzazione e bonifica immediata con carotaggi in tutta l'area a maglie 10x10m.

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15 Luglio 2017, ultimo aggiornamento

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Con la collaborazione di:

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Paola Dama, Ricercatrice in Oncologia Molecolare Fondatrice della Task Force Pandora

Sandra Fabbri Monfardini, Epidemiologa

Isabella Monfroni, Esperto in sistemi di gestione di qualità, ambiente e sicurezza, eco
consulente (certificato) nella gestione dei rifiuti e nella bonifica di siti contaminati

 

Gianpaolo Bottacin, Assessore Ambiente e Protezione Civile Regione Veneto

Fabio Strazzabosco, Direttore Unità Organizzativa Servizio Idrico Integrato e Tutela delle Acque

Alessandro Benassi, Direttore Area Tutela e Sviluppo Territorio Regione Veneto

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Si ringraziano

La Dr. Marina Mastrantonio (Territorial and Production System Sustainability Department, Italian National Agency for New Technologies, Energy and Sustainable Economic Development (ENEA), Rome, Italy) e il Dr. Vincenzo Cordiano (International Society of Doctors for the Environment (ISDE), Rome, Italy) per aver fornito la copia del lavoro scientifico

Alberto Mantovani, Istituto Superiore di Sanita' per la condivisione di materiale di studio

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Il lavoro svolto dal gruppo di studio e' stato a costo zero per i cittadini del Veneto.

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Discussione Comitati e Assessorato all'Ambiente

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